RIAVVOLGIAMO IL NASTRO
- storiescomode
- 30 apr 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 1 mag 2021
Proviamo a riavvolgere il nastro portando indietro di due anni la storia giallorossa e precisamente nell’estate del 2019: qualche mese prima il Presidente Pallotta aveva avviato l’ennesimo repulisti dando il benservito al mago dell’Andalusia in arte Ramon Monchi, al tecnico Eusebio Di Francesco (cui aveva rinnovato il contratto all’inizio della stagione) ed a tutto lo staff sanitario.
La guida tecnica della squadra era state affidata al vecchio saggio Claudio Ranieri che in dodici partite non era riuscito a centrare l’obiettivo Champions: la sua missione era quella di traghettare la Roma fino alla fine del campionato ed era altrettanto noto che al termine della stagione i giallorossi si sarebbero affidati ad un nuovo tecnico che sarebbe stato scelto dal nuovo Direttore Sportivo.
Si punta al nome importante e su piazza è disponibile Antonio Conte, fresco di divorzio con il Chelsea: dalle parti di Via Tolstoi si pensa che un modo sicuro per convincere il tecnico salentino ad accettare l’offerta giallorossa è quello di ingaggiare un Direttore Sportivo che sia caratterialmente affine a quest’ultimo ed allora spunta fuori il nome di Gianluca Petrachi che però è legato al Torino da un altro anno di contratto.
Il Dirigente granata, ricevuta l’offerta giallorossa, non si lascia pregare e mette in croce il patron del Torino Urbano Cairo affinchè lo liberi dal vincoli contrattuale ma non c’è niente da fare perché il Presidente del Torino è testardo e pretende un indennizzo per risolvere il rapporto: il tira e molla va avanti per qualche settimana ed in quel periodo il buon Petrachi, pur non potendo sottoscrivere il nuovo contratto con i giallorossi, sarà di fatto il nuovo Direttore Sportivo della Roma: contatta Antonio Conte che però lo tiene sulle spine per qualche settimana, imbastisce trattative parallele con Gianpiero Gasperini e con altri possibili candidati.
Il tecnico salentino è furbo e smaliziato perché sfrutta la corte della Roma per poi firmare con l’Inter un contratto più ricco, idem Gasperini che al termine dell’ultima partita di campionato, su precisa domanda di Capello che lo vede già alla Roma, glissa sapientemente sull’argomento per poi sottoscrivere qualche giorno dopo un ricco rinnovo di contratto con l’Atalanta.
Siamo quindi arrivati agli inizi di Giugno e la Roma non ha ancora trovato il suo condottiero: si battono altre piste come quella di Sinisa Mihailovic che però declina l’invito e la stessa cosa farà Roberto De Zerbi che all’inizio della sua carriera non intende bruciarsi in una piazza importante così come il suo predecessore sulla panchina nero verde Eusebio Di Francesco.
Chi resta dopo i rifiuti eccellenti di cui sopra? Idea di Petrachi: in Ucraina c’è un tecnico portoghese che fa giocare molto bene la sua squadra, lo Shakhtar Donetsk, è giovane, ambizioso, non costa molto ed è noto al grande pubblico per essersi presentato una volta in conferenza stampa con la maschera di Zorro, si chiama Paulo Fonseca e nonostante la giovane età vanta già una discreta esperienza in Champions League.
Si organizza quindi una spedizione a Madrid per conoscerlo e tastare il terreno: il primo incontro è favorevole perché l’uomo si rivela schietto e sincero mostrando reale interesse alla proposta giallorossa tanto è vero che si dichiara immediatamente disposto a ridurre il suo compenso pur di venire ad allenare la Roma.
Non ci sono infingimenti né secondi fini e difatti le trattative, dopo quindici giorni di lavorio intenso, vanno a buon fine: Paulo Fonseca sceglie quindi la Roma senza se e senza ma, non punta ad ottenere un ricco rinnovo sfruttando l’interesse capitolino.
La sua nuova avventura non comincia bene ma si riprende in fretta ed a fine Dicembre porta la Roma al terzo posto poi due mesi di inaspettato blackout che fanno scivolare la compagine capitolina nella zona Europa League ed infine lo stop per la crisi pandemica.
Si riparte a Giugno ma è già troppo tardi per raggiungere la zona Champions, nel frattempo la società licenzia Gianluca Petrachi, ovvero il Direttore Sportivo che lo aveva scelto e subito dopo ferragosto, a seguito di un lungo tira e molla, il comando della società finisce nelle mani dei Friedkin ma si infortunia di nuovo gravemente Zaniolo che è il miglior giocatore della rosa.
La campagna acquisti imbastita in fretta e furia senza un Direttore Sportivo ed affidata esclusivamente al lavoro intermediari e procuratori, porta in dote il riscatto di Smalling giunto sul filo di lana, un difensore di belle speranze ovvero Kumbulla, un attaccante di riserva che fa storcere il naso ed arriva dal Real Madrid in prestito (Borja Maioral) ed infine il trentatreenne Pedro che era stato acquistato dalla precedente proprietà: è chiaro a tutti che la rosa è qualitativamente scadente nelle seconde linee ed inoltre manca un valido portiere.
Si parte con un pareggio a Verona dove ci portiamo Dzeko che però siede in panchina prossimo a vestire la maglia bianconera (l’affare con la Juve ed il relativo passaggio in giallorosso di Milik che sostiene anche le visite mediche salteranno per motivi ancora oggi misteriosi) ma dopo qualche giorno si scoppia il caso Diawara con la consequenziale sconfitta a tavolino per un errore nella compilazione delle liste.
La squadra, dopo un affanno iniziale, comincia a carburare: vince le partite che deve vincere ovvero quelle contro avversarie sulla carta meno forti e perde tutti gli scontri diretti, in Europa League supera facilmente il girone eliminatorio e si arriva quindi al derby del 15 Gennaio perso malamente per 3-0.
Si esce altrettanto malamente dalla Coppa Italia per mano dello Spezia ed anche in questo frangente si commette un altro grave errore che comporta un'altra sconfitta a tavolino: Edin Dzeko critica apertamente e platealmente Fonseca e così viene messo fuori squadra, degradato e sul mercato.
Fonseca è sulla graticola ed una sconfitta contro lo Spezia gli può costare la panchina ma si salva all’ultimo minuto con un gol di Pellegrini.
Il resto è storia nota che non vale la pena ricordare: mancano soli 20 giorni al termine di una stagione amara e difficile, costellata ancora una volta da un mare di infortuni, problema gravissimo su cui la nuova proprietà deve intervenire in modo risoluto e concreto.
L’addio di Paulo Fonseca è scontato ma cerchiamo, attraverso un ragionamento ed una riflessione pacata, di tracciare un bilancio del suo biennio giallorosso attraverso i meriti ed i demeriti partendo dai primi: non vi è dubbio che molti giocatori appartenenti alla attuale rosa siano visibilmente migliorati grazie al lavoro del tecnico portoghese ed il pensiero corre immediatamente ai vari Karsdorp, Spinazzola, Villar (prima di approdare in giallorosso vantava solo poche presenze nell’Elche ed ora è titolare della nazionale Under 21 iberica), Ibanez (scartato dall’Atalanta) , Mancini, Veretout (il cui score di reti è arrivato addirittura in doppia cifra) così come non si può tacere dell’ottimo primo anno di Borja Majoral che si è sicuramente giovato degli schemi di Paulo Fonseca.
La Roma, nonostante i vaticini dei suoi denigratori, può costruire il suo avvenire sui giocatori sopra citati a cui si devono aggiungere anche Lorenzo Pellegrini e Nicolò Zaniolo.
Veniamo ora alle dolenti note: la Roma è una squadra scontata di cui gli avversari conoscono a menadito pregi e difetti tanto è vero che tutti i tecnici delle squadre di vertice non hanno fatto fatica a trovare nel trovare le contromisure giuste a battere la squadra giallorossa e del resto lo stesso Fonseca non ha mai fatto nulla per invertire tale trend attraverso accorgimenti che potessero mutare il destino di determinati match.
E’ un tecnico che dispone di un suo canovaccio ovvero di un ottimo spartito ma a cui difetta il cosiddetto piano B ovvero la capacità di ridisegnare la squadra nel corso della partita allorquando non è più possibile affidarsi al bignami che conosce.
E’ un allenatore ancora in erba e che farà sicuramente tesoro della esperienza italiana mettendola a frutto in altri lidi: del resto, è già successo in passato che tecnici spernacchiati dalla piazza (Eriksson, Luis Enrique) riuscissero a trionfare altrove dopo un percorso più o meno lungo ed accidentato.
Cosa è stato allora Fonseca e cosa ha rappresentato per la Roma? È stato un buon tecnico che ha svolto il suo lavoro di parafulmine e su cui si sono abbattuti problemi non sempre causati dalla sua persona: lavorare a cavallo di un passaggio di proprietà non è semplice per nessuno e lui lo ha fatto senza mai lamentarsi anzi accettando di buon grado le prevedibili conseguenze negative.
Ricordiamolo ancora una volta: era la quarta scelta dietro Conte, Gasperini e Mihailovic e soprattutto, prima di mettere piede a Roma, allenava in un campionato, quello ucraino, non proprio competitivo guidando una compagine, lo Shakhtar, che era destinato a vincere il titolo nazionale ogni anno ed a cui nessuno chiedeva di trionfare in Champions.
Si può allora dire che il vero Paulo Fonseca è qualcosa che sta nel mezzo tra il grande tecnico che ancora non è e quella schiappa che invece non è e non sarà mai nonostante le invettive dei detrattori sempre pronti a sputare veleno sul capro espiatorio di turno.
Il suo successore sarà certamente più fortunato perché troverà una proprietà insediata da un anno e con le idee chiare nonchè un General Manager che ha potuto impostare il suo lavoro già da Gennaio di quest’anno, non dovrà scegliere tra il campionato e la competizione continentale, troverà uno Zaniolo tirato a lucido e voglioso di conquistare i mondiali, troverà un portiere sicuramente migliore di Pau Lopez e Mirante: non è poco e quando ripenseremo a Fonseca dovremo tenere conto anche di questo.
BRUNO IANNIELLO

Comments