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QUEL 7 FEBBRAIO 2004

  • storiescomode
  • 10 nov 2021
  • Tempo di lettura: 4 min


Quando si vuole cercare di fornire una chiave di lettura agli eventi storici e spesso funesti che caratterizzano il nostro presente non credo si possa fare a meno di voltarsi indietro e sfogliare le pagine del passato che quanto meno possono fornirci ampio materiale per non commettere i medesimi errori compiuti in precedenza.

Non ho potuto quindi a fare a meno di servirmi di tale criterio allorquando mi sono dovuto confrontare con i problemi che attualmente attraversa il sodalizio giallorosso ed a tal proposito avverto subito i pazienti lettori di non possedere affatto alcuna verità assoluta anzi mi accingo a mettere in fila tante banalità che mi sono balenate nella mente negli ultimi anni ma che tuttavia mi hanno consentito di trovare un approccio ragionevole ed equilibrato nell’affrontare le attuali vicende.

Partiamo quindi dai dati di fatto: la spina dorsale della squadra, al netto dei pochi ed irrilevanti innesti inseriti nei due anni successivi, è figlia in buona parte della compagna acquisti compiuta dal Ds Gianluca Petrachi nella lontana estate del 2019 (Mancini, Veretout, Smalling, Spinazzola, Mikytharian, Zaniolo, Pellegrini, Ibanez furono acquistati ovvero riportati alla base dal dirigente salentino) ed in minima parte dell’opera del suo predecessore Monchi (Cristante e Karsdorp).

Altro dato di fatto: i prefati elementi che giocano insieme da più di due anni hanno prodotto i seguenti risultati ovvero un quinto posto nella stagione 2019-2020 ed una settima posizione nella stagione 2020-2021 impreziosita però dal raggiungimento di una semifinale di Europa League in cui si sono verificate, per la verità, tante circostanze sfortunate.

In virtù di quanto sopra non era quindi lecito tanto meno realistico pretendere dal suddetto gruppo di giocatori risultati migliori di quelli fin qui ottenuti e del resto il motivo è estremamente semplice: non si può chiedere ad una 500 di gareggiare con una Lamborghini.

Cosa si può fare allora? Continuare ad imprecare sbraitando sui social il proprio malcontento verso arbitraggi che oggettivamente hanno danneggiato la squadra? E’una strada che si può percorrere nel breve periodo ma alla lunga non porta risultati ed anzi può rappresentare un alibi verso un gruppo di giocatori che certamente non può essere considerato alla stregua del Chelesea ma che però lo scorso anno ha eliminato, senza grosse difficoltà, squadre certamente più blasonate dei norvegesi del Bodoe Glimt da cui, invece, nella stagione in corso, ha incassato la bellezza di otto gol nelle due partite sin qui disputate di Conference League.

Cosa occorre per essere veramente competitivi? Un insieme di fattori, tutti importanti, che parte dai piani alti della dirigenza fino ad arrivare all’ultimo degli uscieri: tutti sono importanti e altrettanto necessari per ambire ai traguardi importanti, nessuno escluso.

La squadra deve essere migliorata? Ovvio e nessuno lo ha mai negato ma deve migliorare anche la società che pure sta compiendo sforzi economici non irrilevanti allo scopo di tenere in piedi una struttura che fino allo scorso anno si presentava del tutto carente sia nelle sue figure apicali che in quelle impiegatizie (non dimentichiamo il doppio 0-3 a tavolino contro Spezia e Verona che rappresenta ancora una delle pagine più brutte della storia giallorossa).

La nuova proprietà si è insediata nel mese di Agosto dello scorso anno e non le si può certo chiedere di conoscere vita, morte, miracoli e segreti del nostro calcio, pertanto essa dovrà imparare a conoscere tutte le “dinamiche” che caratterizzano il sistema ed essere altresì pronta ad approntare tutte le controffensive necessarie allorquando saranno lesi (come sta accadendo all’attualità) gli interessi del club.

E’ un lavoro certosino che non si improvvisa da un giorno all’altro e richiede tanta pazienza nella consapevolezza che, come in tutte le nuove esperienze umane e professionali, si impara solo sbagliando.

Dedico le mie ultime considerazioni al tecnico: sono stato felice del suo arrivo e sono convinto, nonostante gli ultimi risultati negativi, che possa dare veramente tanto alla squadra ed al club in termini di esperienza e professionalità.

A differenza di qualche scalmanato non proprio in buona fede non ne chiedo l’allontanamento anzi attendo con impazienza che faccia quello per cui è lautamente pagato ovvero risolvere problemi tecnici e possibilmente in silenzio perché la “questione arbitrale” è di vecchia data tanto è vero che se ne parlava già agli inizi degli anni ottanta (come non ricordare il fuorigioco di Turone).

A quell’epoca, di tali problemi, se ne occupava solo ed esclusivamente il Presidente Viola che teneva indenni Liedholm ed il resto della squadra: non era un caso e la suddivisione dei compiti per cui il Presidente si occupava del “Palazzo” ed il tecnico della squadra aveva un senso.

Si lasci quindi al lavoro silenzioso di Tiago Pinto e dei Friedkin la risoluzione dei problemi arbitrali con la conseguente ed inevitabile esposizione mediatica laddove si renda necessaria.

Vi confesso di aver cambiato completamente approccio in merito alle valutazioni dei singoli a partire da una data che ritengo possa considerarsi una sorta di spartiacque e che coincide con il 7 Febbraio 2004 allorquando un tale allenatore, di nome Fabio Capello, che all’epoca occupava la panchina giallorossa, dichiarava testualmente che non si sarebbe mai trasferito alla Juventus per una scelta di vita.

Sappiamo tutti come è andata finire.

I tecnici, i dirigenti, i singoli giocatori sono importanti ma fanno parte di una giostra che oggi li vede vestire una maglia e domani un’altra di colore diverso: è il gioco delle parti e nessuno deve aversene a male.

L’importante è essere consapevoli che i destini di un club non possono mai dipendere dalla permanenza o meno di una sua componente, sia pure importante.

BRUNO IANNIELLO



 
 
 

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