LA DIVINA PROVVIDENZA
- storiescomode
- 25 gen 2021
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Il tema della divina provvidenza è inevitabilmente legato al romanzo popolare per eccellenza declinato in tutti i modi possibili ed immaginabili negli ultimi cento anni attraverso sceneggiati, parodie, pellicole cinematografiche.
Se per un momento però torniamo al testo letterario ci accorgiamo che il Manzoni menziona per ben 22 volte il termine, la prima nel capitolo VI associata alla figura religiosa di Padre Cristoforo, che dopo aver parlato con Don Rodrigo pensa: “Ecco un filo, – pensava, – un filo che la provvidenza mi mette nelle mani. E in quella casa medesima! E senza ch’io sognassi neppure di cercarlo!”, nel capitolo VI il cui filo è ancora nelle mani di padre Cristoforo: “Ma quella così inaspettata esibizione del vecchio era stata un gran ristorativo per lui: gli pareva che il cielo gli avesse dato un segno visibile della sua protezione. “Ecco un filo, – pensava, – un filo che la provvidenza mi mette nelle mani. E in quella casa medesima! E senza ch’io sognassi neppure di cercarlo!“, nel cap. VIII associata alla figura di Menico che attribuisce alla provvidenza il fatto di incontrare Renzo, Lucia e Agnese che fuggono dalla abitazione di don Abbondio e li avvisi del pericolo che stanno correndo tornando a casa di Agnese: “– Cosa c’è d’altro? – domandava Renzo. Lucia, tutta smarrita, taceva e tremava. – C’è il diavolo in casa, – riprese Menico ansante. – Gli ho visti io: m’hanno voluto ammazzare: l’ha detto il padre Cristoforo: e anche voi, Renzo, ha detto che veniate subito: e poi gli ho visti io: provvidenza che vi trovo qui tutti! vi dirò poi, quando saremo fuori.“ nel cap. XIV ove è la provvidenza a procurare a Renzo il pane che lo stesso mangerà poi all’osteria della Luna piena dove si ferma con lo sconosciuto incontrato durante il viaggio da Lecco “Eh, sì; – rispose il giovine: – non sono un signorino avvezzo a star nel cotone: qualcosa alla buona da mettere in castello, e un saccone, mi basta: quel che mi preme è di trovar presto l’uno e l’altro. Alla provvidenza!– Ed entrò in un usciaccio, sopra il quale pendeva l’insegna della luna piena. – Bene; vi condurrò qui, giacché vi piace così, – disse lo sconosciuto; e gli andò dietro.” ” Al pane, – disse Renzo, ad alta voce e ridendo, – ci ha pensato la provvidenza -. E tirato fuori il terzo e ultimo di que’ pani raccolti sotto la croce di san Dionigi, l’alzò per aria, gridando: – ecco il pane della provvidenza!“, nel cap. XVI ove Renzo all’osteria ascolta un mercante raccontare i fatti di Milano poi paga e si allontana :“La gente? anderà a vedere, – disse il mercante. – Avevan tanta voglia di veder morire un cristiano all’aria aperta, che volevano, birboni! far la festa al signor vicario di provvisione. In vece sua, avranno quattro tristi, serviti con tutte le formalità, accompagnati da’ cappuccini, e da’ confratelli della buona morte; e gente che se l’è meritato. È una provvidenza, vedete; era una cosa necessaria. Cominciavan già a prender il vizio d’entrar nelle botteghe, e di servirsi, senza metter mano alla borsa; se li lasciavan fare, dopo il pane sarebbero venuti al vino, e così di mano in mano… ” “a guida della Provvidenza” “Renzo colse l’occasione, chiamò l’oste con un cenno, gli chiese il conto, lo saldò senza tirare, quantunque l’acque fossero molto basse; e, senza far altri discorsi, andò diritto all’uscio, passò la soglia, e, a guida della Provvidenza, s’incamminò dalla parte opposta a quella per cui era venuto., nel cap. XVII ove Renzo cammina verso l’Adda, e trova un capanno: “prima però sdraiarsi su quel letto che la Provvidenza gli aveva preparato, vi s’inginocchiò, a ringraziarla di quel benefizio“, Renzo una volta nel Bergamasco si domanda come sarà il suo futuro in questo periodo di crisi e si risponde: “E poi, la Provvidenza m’ha aiutato finora; m’aiuterà anche per l’avvenire“, oppure quando dona gli ultimi denari ai mendicanti dicendo: “La c’è la Provvidenza! – disse Renzo; e, cacciata subito la mano in tasca, la votò di que’ pochi soldi; li mise nella mano che si trovò più vicina, e riprese la sua strada” e ancora “… la Provvidenza aveva tenuti in serbo proprio gli ultimi quattrini d’un estraneo, fuggitivo, incerto anche lui del come vivrebbe“,, quando stringe la mano del cugino Bortolo: “L’ho detto io della Provvidenza!” e quando trova lavoro nel filatoio del cugino: “E fu veramente provvidenza; perché la roba e i quattrini che Renzo aveva lasciati in casa, vedremo or ora quanto fosse da farci assegnamento., nel cap. XXIV quando Lucia viene accolta a casa del sarto e ricorda il voto di castità mentre era prigioniera dell’Innominato: “La lontananza di Renzo, senza nessuna probabilità di ritorno, quella lontananza che fin allora le era stata così amara, le parve ora una disposizione della Provvidenza, che avesse fatti andare insieme i due avvenimenti per un fine solo; e si studiava di trovar nell’uno la ragione d’esser contenta dell’altro. E dietro a quel pensiero, s’andava figurando ugualmente che quella Provvidenza medesima, per compir l’opera, saprebbe trovar la maniera di far che Renzo si rassegnasse anche lui, non pensasse più… “ nel cap. XXVquando Agnese e Lucia parlano mentre sono ospiti a casa del sarto e il narratore ci dice che i disegni della figlia “eran ben diversi da quelli della madre, o, per dir meglio, non n’aveva; s’era abbandonata alla Provvidenza.”, nel cap. XVIII ove il Manzoni compie una digressione storica sulla guerra di successione per il ducato di Mantova :“Da tutti i portamenti di don Gonzalo, pare che avesse una gran smania d’acquistarsi un posto nella storia, la quale infatti non poté non occuparsi di lui; ma (come spesso le accade) non conobbe, o non si curò di registrare l’atto di lui più degno di memoria, la risposta che diede al Tadino in quella circostanza. Rispose che non sapeva cosa farci; che i motivi d’interesse e di riputazione, per i quali s’era mosso quell’esercito, pesavan più che il pericolo rappresentato; che con tutto ciò si cercasse di riparare alla meglio, e si sperasse nella Provvidenza.”, nel cap. XXX allorquando arrivano le truppe tedesche e Agnese suggerisce a don Abbondio di chiedere rifugio all’Innominato convertito e durante il viaggio don Abbondio agitato dice: “Chetatevi un po’, …ché già le chiacchiere non servono a nulla. Quel ch’è fatto è fatto: ci siamo, bisogna starci. Sarà quel che vorrà la Provvidenza: il cielo ce la mandi buona.”, nel cap. XXXIV, nel mezzo della peste che è arrivata in città e Renzo sapendo che Lucia si trova al Lazzaretto vuole andare da lei e sale su un carro, il narratore ci dice : “Ancor mezzo affannato, e tutto sottosopra, ringraziava intanto alla meglio in cuor suo la Provvidenza, d’essere uscito d’un tal frangente, senza ricever male né farne;” e subito dopo “Gli venne subito in mente che di lì s’andava diritto al lazzeretto; e questo trovarsi sulla strada giusta, senza studiare, senza domandare, l’ebbe per un tratto speciale della Provvidenza, e per buon augurio del rimanente”, nel cap. XXXVI allorquando si racconta la storia della mercantessa che ha perso marito e figli a causa della peste al Lazzaretto e diventa amica di Lucia: “Lucia aveva aderito, pensate con che gratitudine per lei, e per la Provvidenza; ma soltanto fin che potesse aver nuove di sua madre, e sapere, come sperava, la volontà di essa” ed infine nel cap. XXXVIII quando don Abbondio, saputo che don Rodrigo era morto, rivolgendosi a Renzo e Lucia dice : “Ah! è morto dunque! è proprio andato! … Vedete, figliuoli, se la Provvidenza arriva alla fine certa gente. Sapete che l’è una gran cosa! un gran respiro per questo povero paese! che non ci si poteva vivere con colui.”
La Divina Provvidenza si posa sul capo dei personaggi umili del romanzo quali Renzo e Lucia che da popolani hanno una concezione del tutto elementare ed ingenua della provvidenza, che si identifica in virtù e felicità: secondo la loro idea Dio interviene infallibilmente a difendere e premiare i buoni, punire i malvagi, tutto allo scopo di garantire la giustizia.
Nella visione teologica di Manzoni, invece, virtù e felicità possono certamente coincidere ma non nella prospettiva terrena bensì solo in quella eterna in quanto solo alla fine dei tempi si avrà la certezza che i buoni verranno premiati ed i malvagi puniti.
Secondo l’autore la provvidenzialità dell’ordine divino del mondo non consiste nell’assicurare la felicità ai buoni quanto piuttosto nel fatto che proprio la sventura fa maturare in essi le più alte virtù e maggiore consapevolezza nella fede cristiana.
Del resto il concetto della “provvida sventura” torna ad essere determinante nella comprensione del romanzo in quanto solo alla fine di tutte le varie vicissitudini si giunge all’approdo del percorso interiore dei personaggi i quali, anche e soprattutto in virtù delle sventure e delle ingiustizie che hanno vissuto giungono a maturare una visione più profonda della provvidenza, rendendosi conto che la disgrazia può certamente colpire anche le persone più innocenti, le più buone ma che la “fiducia in Dio” deve considerarsi un passaggio obbligato per “per una esistenza migliore e più consapevole“.
La storia del romanzo si costruisce sull’eterno scontro tra il bene ed il male, gli umili e gli oppressori e questa aspra lotta che determina innumerevoli ingiustizie subite dagli oppressi consentirà a questi ultimi di forgiare il proprio carattere attraverso la fede in Dio che li renderà migliori per la vita eterna.
In realtà gli oppressi, proprio in virtù delle ingiustizie, potrebbero covare odio nei confronti degli oppressori ma a questo punto interviene il tema della provvidenza divina, tanto caro al Manzoni, che fornisce il modo per spezzare il circolo che aggiunge male ad altro male
Le parole sagge di Lucia riportano la ragione nella mente di Renzo e lo riconducono sulla sua strada,: "No, no, per amor del cielo! Il Signore c'è anche per i poveri; e come volete che ci aiuti, se facciam del male?".
Proprio attraverso queste parole, il Manzoni lancia un profondo messaggio di fiducia nella giustizia divina come unico mezzo di ribellione alle logiche della violenza e della bieca vendetta.
Egli ha avuto del resto avuto una formazione classica presso istituti religiosi ed è vissuto a cavallo di due secoli fortemente diversi l’uno dall’altro.
La sua produzione letteraria rispecchia un percorso ideologico che si situa sullo sfondo delle vicende politiche e culturali proprie del Settecento e dell’Ottocento: non vive il momento della fiducia illuministica nel progresso e nell’azione politica liberatrice, ma quello della delusione e della crisi dell’Illuminismo.
Manzoni era un uomo di lettere, un cattolico liberal-moderato, che perseguiva la ricerca del vero: era mosso dal desiderio di cercare dentro la storia il senso della storia stessa, ragionando con un’ottica cristiana.
BRUNO IANNIELLO

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