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IL MAESTRO MUTI, DENZEL WASHINGTON, DONATELLA SCARNATI

  • storiescomode
  • 5 lug 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Cosa hanno in comune il grande Maestro Riccardo Muti, lo straordinario attore americano Denzel Washington e la giornalista di Rai Sport Donatella Scarnati?

Probabilmente, dal punto di vista personale poco o nulla, forse neppure si conoscono anche se non posso escluderlo completamente, e nella loro esistenza hanno compiuto delle scelte professionali del tutto distinte e differenti.

Purtuttavia, negli ultimi giorni, anche alla luce delle interviste rilasciate dai primi due e della gaffe in cui è caduta la terza nella giornata di ieri allorquando ha provato a porre una domanda impossibile al malcapitato Nicolò Barella, ciascuno di essi mi è parso legato da un sottilissimo fil rouge che provo a spiegare.

Il Maestro Riccardo Muti, proprio la settimana scorsa, in totale controtendenza con la sua prassi alquanto rigorosa di concedersi il meno possibile alla stampa, ha rilasciato una interessantissima intervista ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera che ha fatto molto discutere.

Il grande Direttore di orchestra che tra un mese compirà 80 anni si è dichiarato « stanco della vita in quanto in un mondo in cui non mi riconosco più. E siccome non posso pretendere che il mondo si adatti a me, preferisco togliermi di mezzo. Come nel Falstaff: “Tutto declina”».

Il Giornalista gli chiede i motivi e lui parte da un aneddoto legato alla sua infanzia: «Perché ho avuto la fortuna di crescere negli anni 50, di frequentare il liceo di Molfetta dove aveva studiato Salvemini, con professori non severi; severissimi. Ricordo un’interrogazione di latino alle medie. L’insegnante mi chiese: “Pluit aqua”; che caso è aqua? Anziché ablativo, risposi: nominativo. Mi afferrò per le orecchie e mi scosse come la corda di una campana. Grazie a quel professore, non ho più sbagliato una citazione in latino. Oggi lo arresterebbero». Riccardo Muti prosegue nelle sue amare considerazioni che toccano anche la sua attività artistica: «. La direzione d’orchestra è spesso diventata una professione di comodo. Sovente i giovani arrivano a dirigere senza studi lunghi e seri. Affrontano opere monumentali all’inizio dell’attività, basandosi sull’efficienza del gesto, talora della gesticolazione». e prosegue: «Le prove di sala, con il direttore al pianoforte che prepara la compagnia di canto, diminuiscono sempre più, in favore di settimane e settimane di prove date spesso a registi ignari di musica, che non soltanto non sanno leggere una partitura, ma sempre più sovente inventano storie che vanno contro il discorso musicale. Nel carteggio con Kandinsky, Schoenberg sottolinea che, se la regia e la scenografia disturbano la musica, sono sbagliate. E certo Schoenberg non era un reazionario».

Cazzullo gli chiede dei talk show e lui così risponde: «Riesco a seguire un contrappunto in otto parti musicali che si intersecano una con l’altra, ma non riesco a capire due persone che si parlano una sull’altra. Creano disarmonia, cacofonia; mentre otto linee musicali una diversa dall’altra devono concorrere al raggiungimento dell’armonia. La banalità della tv e della Rete, questo divertimento superficiale, la mancanza di colloquio mi preoccupano molto per la formazione dei giovani».

Passiamo ora alle dichiarazioni rese da Denzel Washington ad un giornalista americano in merito al potere della stampa: “ se non leggi i giornali sei disinfomato ma se li leggi sei informato male, una delle conseguenze dell’eccessiva informazione è quella di arrivare per primi, non importa più dire la verità, la vostra responsabilità è di dire la verità, non solo arrivare per primi, viviamo in una società dove è necessario arrivare per primi e non importa se quello che si scrive farà del male a qualcuno o lo distruggerà, non interessa che sia vero”.

Non ripeterò in questa sede la domandina posta da Donatella Scarnati al calciatore della nazionale Nicolò Barella nella conferenza stampa di ieri atteso che la querelle è divenuta in poche ore di dominio pubblico ed ha fatto il giro di tutti i social comprese le scuse avanzate dalla stessa giornalista qualche ora dopo.

Ad esito dei fatti più di qualche difensore d’ufficio è immediatamente accorso al capezzale della storica giornalista di Rai Sport per assumere il suo patrocinio ma per la verità anche i più feroci critici della Donatella nazionale non avevano certo chiesto la sua decapitazione in pubblica piazza quanto piuttosto un maggior grado di attenzione atteso che in quel momento essa rappresentava il servizio pubblico che, come tutti sanno, proprio in quanto pubblico è finanziato con le nostre tasche ed a mezzo di prelievo forzoso.

La stessa domanda, del resto, al di là del goffo lapsus anagrafico, non era apparsa, prima facie, tra le più brillanti in senso assoluto e non spiccava certamente per i suoi contenuti di carattere tecnico.

Nessuno vuole male alla giornalista che, come già detto, si è immediatamente scusata per l’accaduto purtuttavia se si guarda oltre il proprio naso, l’episodio non può che suscitare inevitabili riflessioni: se una professionista di lungo corso che fa parte della scuderia Rai dal 1984 ed oggettivamente seria come Donatella Scarnati commette un errore tanto goffo quanto marchiano e pone una domanda alquanto banale ed imbevuta di retorica ad un calciatore azzurro nell’ambito di una conferenza stampa in cui essa rappresenta la RAI, cosa dobbiamo attenderci da chi, all’interno della stessa azienda di Stato, dovrebbe trarre esempio dalle virtù di colleghi che hanno qualche anno di esperienza in più? In quale stato versa attualmente il giornalismo nostrano?

Le risposte ai quesiti ci sono state fornite dal Maestro Riccardo Muti e dal pluripremiato attore americano Denzel Washington: è un mondo, quello in cui viviamo, caratterizzato dalla corsa frenetica alla notizia ed i miei nonni, da bambino, mi dicevano che correre non era sempre foriero di risultati positivi perché la gatta frettolosa, il più delle volte, partoriva gattini orbi.

Insomma si corre molto ed all’impazzata ma quasi mai si arriva al traguardo e soprattutto si lavora male, in modo estremamente superficiale e raffazzonato ed è forse questo il motivo per cui Riccardo Muti non riesce a fare pace con la frenetica follia che lo circonda.

Spero di essere riuscito a farvi capire cosa lega i tre personaggi apparentemente distanti ma che, alla loro maniera, hanno descritto uno dei sintomi del mal di vivere del terzo millennio: arrivare primi a tutti i costi, anche a discapito della qualità del prodotto ed a dispetto delle sofferenze inferte al prossimo.

BRUNO IANNIELLO





 
 
 

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