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FUORI DALLA REALTA’

  • storiescomode
  • 28 dic 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

Esiste un fenomeno che si ripete ciclicamente e che riguarda soprattutto chi è chiamato a governare la cosa pubblica ma che non di rado finisce per toccare anche personaggi più o meno famosi che appartengono al mondo dello sport, dello spettacolo e di tante altri contesti che, pur talentuosi, sono stati baciati dalla fortuna.

Il fenomeno in sé non ha una definizione ben precisa ma si manifesta attraverso atteggiamenti che fanno scadere nel ridicolo il governante ovvero il personaggio celebre che incappa nella trappola del triste fenomeno a cui ho cercato di trovare una sorta di titolo che possa ispirarsi ad una pellicola cinematografica.

“Fuori dalla realtà” mi è parso il titolo più idoneo per descrivere al meglio le condotte dei personaggi di cui sopra che infatti vivono nel segreto delle loro stanze una realtà del tutto parallela ma assolutamente distante dai tragici eventi concreti che purtroppo toccano i comuni mortali.

Trattasi di personaggi attorniati il più delle volte da incalliti ed interessati tirapiedi di professione dediti al più sfrenato e mediocre mezzocalzettismo i quali illustrano al noto ministro, assessore, consigliere un quadretto a tinte talmente rosa che neppure il migliore degli esperti pubblicitari avrebbe saputo tratteggiare per descrivere al meglio un prodotto da vendere.

L’essere umano, si sa, ama essere vezzeggiato e pur consapevole delle non genuine intenzioni degli adulatori di turno, è ben contento di ricevere carezze, pacche sulle spalle ed incoraggiamenti non proprio disinteressati.

I noti personaggi dello sport o dello spettacolo caduti in disgrazia (si fa per dire) sono veramente straordinari nella loro tenerezza che si perde nel ridicolo più assoluto: essi vivono su Marte e non hanno la più pallida idea di ciò che accade veramente ai propri simili che invece sono stati meno fortunati di loro.

E sì, perché un povero operaio licenziato da una multinazionale non si può permettere un avvocato di grido ed allora è costretto a trascorrere per il secondo anno consecutivo il Natale ed il Capodanno in fabbrica insieme ai suoi sfortunati colleghi.

E’ il caso dei dipendenti della Whirlpool che sono in mobilitazione permanente, in attesa del nuovo incontro con azienda e ministeri dello Sviluppo economico e del lavoro, fissato per oggi.

Anche in altre parti d'Italia gli operai hanno organizzato dei presidi, a difesa non solo del loro posto ma anche della fabbrica, per evitare che la produzione cessi e sia spostata altrove.

Accade ad Osnago, in provincia di Lecco ove la Voss Fluid vuole chiudere ma i 70 operai hanno fatto un picchetto dal 10 dicembre per scongiurare lo smantellamento di impianti e macchinari. L’azienda, produttrice di componenti per macchine di movimento terra, acquisita dai tedeschi nel 2016, ha annunciato il licenziamento di tutti i lavoratori il 31 dicembre prossimo e il trasferimento della produzione in Polonia, senza accogliere nessuna richiesta di apertura di negoziato per gestire la crisi

Succede a Carpi, in provincia di Modena, dove i lavoratori della Goldoni sono da tre mesi in presidio per scongiurare che la proprietà cinese scappi via senza fornire nemmeno uno straccio di spiegazione, avviene a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, alla Meridbulloni, dove 81 lavoratori sono davanti ai cancelli da 8 giorni per impedire che lo stabilimento chiuda e la produzione sia trasferita a Torino.

I lavoratori della Whirlpool lottano da mesi e mesi attraverso scioperi, cortei, blocchi del traffico, occupazioni, manifestazioni sotto al ministero dello Sviluppo economico ed anche durante le festività sono in presidio perché non vogliono che esca dalla fabbrica di lavatrici neanche un bullone.

Hanno realizzato un calendario con lo slogan "Sulla nostra pelle" e il 30 Dicembre si terrà un evento in cui, tra le altre cose, verranno vendute delle copie per raccogliere fondi.

La vertenza è veramente emblematica e del tutto anomala se si pensa che da Aprile (mese della riapertura dopo il primo lochkdown) ad oggi la multinazionale ha macinato utili su tutta la gamma dei prodotti e ha lavorato tanto anche in Italia al punto di dover chiedere gli straordinari ed assumere 700 interinali a Varese.

L’Azienda non è assolutamente in crisi anzi Whirlpool ha acquisito marchi italiani prestigiosi come Indesit e Ariston e non sappiamo ancora oggi dove andrà a produrre gli elettrodomestici e non è tutto: difatti vanta la pretesa di chiedere la Cassa integrazione Covid di modo che a pagare sia lo Stato che purtroppo consente ad una multinazionale di piantare le tende, magari percepire finanziamenti ed incentivi a spese nostre ed andare via a suo piacimento senza pagare un solo centesimo di tasca propria.

Il rischio concreto è rappresentato dal fatto che lo stabilimento di Via Argine di Napoli non sia l'unico obiettivo di Whirlpool e che la stessa sorte possa toccare anche a quelli di Siena e Caserta.

Oggi - dice Italia Orofino, una delle operaie da sempre in prima linea contro la chiusura dello stabilimento - è un Natale particolare, diverso, ma pur sempre Natale. Mascheriamo una tristezza ed una malinconia con il sorriso, per i nostri figli, per i nostri cari. Stiamo in presidio con un piccolo gruppo, con orari ridotti per rispettare le restrizioni del Dpcm, non molliamo nemmeno nel giorno di Natale e raggiungiamo i nostri compagni che sono di turno. In questa lotta nessuno è solo, nessuno può sentirsi da solo. Insieme si lotta e insieme si resiste».

Nel prossimo incontro il sindacato chiederà a Whirlpool di motivare la chiusura del sito atteso l’amministratore delegato La Morgia ha più volte affermato che il volume produttivo del 2020 è stato analogo a quello del 2019 e che si prevede un ulteriore incremento produttivo per i primi sei mesi del 2021.

Ricordiamo che a Gennaio il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli aveva affidato a Invitalia il compito di cercare un acquirente per il sito napoletano ma è esplosa l’epidemia e così l’amministratore delegato Domenico Arcuri è stato nominato super commissario per il Covid: morale della favola il dossier Whirlpool è rimasto nei cassetti.

Ricordiamo altresì che Luigi Di Maio prima e Stefano Patuanelli poi avevano annunciato di avere «salvato» gli operai grazie al loro lavoro allo Sviluppo economico.

«Ce l’abbiamo fatta», diceva il primo sui social il 25 ottobre 2018: l’accordo tra Whirlpool e il governo prevedeva difatti l’impegno dell’azienda a investire 250 milioni di euro nel triennio successivo nei suoi siti industriali italiani. In cambio lo Stato avrebbe sostenuto questi sforzi con nuovi incentivi, sgravi fiscali e ammortizzatori sociali.

Il suo ministero avrebbe dovuto seguire di lì in poi l’attuazione del piano industriale, ma nessuno ha vigilato su quegli accordi, tanto che dal giorno della firma non c’è stata neanche una riunione sul tavolo di crisi Whirlpool, degli investimenti nessuno ha più saputo nulla e sei mesi dopo, in barba all’accordo siglato a Ottobre, arrivava l’annuncio «a sorpresa» di Whirlpool di voler «cedere a terzi» lo stabilimento attraverso una lettera attraverso cui comunicava altresì il trasferimento alla svizzera PRS.

Al Mise arrivò poi il turno di Stefano Patuanelli, che ereditò dal collega di partito oltre 150 tavoli di crisi irrisolti. Dopo svariati incontri e vertici, a fine ottobre 2019 il neo ministro dello Sviluppo economico annunciava su Facebook la «buona notizia» ai lavoratori Whirlpool di Napoli: «L’azienda mi ha comunicato la volontà di ritirare la procedura di cessione. Su questa vertenza il Governo ci ha messo la faccia e abbiamo ottenuto un importante risultato».

Dall’azienda si precisò, però, che bisognava cercare «una soluzione condivisa, a fronte di una situazione di mercato che rende insostenibile il sito e che necessita di una soluzione a lungo termine».

PRS, la società che avrebbe dovuto rilevare lo stabilimento, ribadì subito che i rapporti sarebbero stati interrotti: «Prs non è in grado di confermare che la disponibilità nel prendersi carico della situazione dello stabilimento di Napoli rimarrà invariata nel periodo ipotizzato dal governo per la ricerca di un’alternativa».

La tregua tra Whirlpool e governo durò poco. Il «dialogo costruttivo» dei comunicati pure. E la soluzione a lungo termine non si è mai trovata. «Non ho strumenti per fermare una multinazionale», aveva detto Patuanelli ai sindacati che facevano pressione perché Whirlpool rispettasse gli accordi di ottobre 2018. A fine Gennaio l’annuncio definitivo: Whirlpool, che inizialmente aveva confermato lo stop della produzione delle lavatrici a Napoli per il 31 marzo, faceva slittare la chiusura al 31 ottobre concedendo al Mise sette mesi per un nuovo piano industriale.

In quell’occasione, il ministro Patuanelli fece sapere di aver dato mandato a Invitalia di avviare una analisi dettagliata dei dati forniti da Whirlpool per la ricerca di una nuova azienda. Un mese dopo è arrivata la pandemia e mentre Invitalia ha cominciato a occuparsi di mascherine, gel igienizzanti e app anti-contagio, Whirlpool non ha ancora fornito la contabilità richiesta da Invitalia.

Questa è la dura realtà.

Ogni tanto gettiamo uno sguardo su di essa, troveremo così il modo di tornare sulla terra, ridimensionare le nostre lagnanze e fare un bagno di umiltà.

BRUNO IANNIELLO


 
 
 

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