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CLAUDIO GAVILLUCCI E GIOVANNI GRECO: STORIA DI DUE ARBITRI SCOMODI

  • storiescomode
  • 30 nov 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

Chi sono Claudio Gavillucci e Giovanni Greco? Al grande pubblico i due nomi dicono poco o nulla ma chi segue le vicende calcistiche senza fermarsi ai titoli di copertina ed alle sterili discussioni sui social conosce le due figure e le loro storie, senza dubbio tristi e controverse.

Partiamo dal primo che nasce a Latina, 3 agosto1979 è decide da subito di fare l’arbitro delle partite di calcio e così si associa nel 1996 alla Sezione Aia di Latina, inizia la sua carriera con la promozione in CAN D e nella stagione 2003-2004 totalizza 60 presenze nei quattro anni di militanza a cui vanno aggiunte le finale play-off del 2006-2007Pescina VG-Mezzocorona e le finali play-out Horatiana Venosa-Viribus Unitis e Cecina-Montevarchi oltre alla finale di Coppa Italia Serie D 2007-2008 tra Como e Colligiana.

Alla fine della stagione alla CAN PRO per volere dell'allora designatore Matteo Apricena e dopo tre stagioni nelle quali disputa 27 presenze in Prima Divisione a cui va aggiunta la semifinale Juve Stabia-Benevento e una gara di play-out tra Pergocrema e Monza, ottiene l'ulteriore promozione in CAN B, il 30 giugno luglio 2011, per decisione del designatore Stefano Farina.

Il 27 agosto 2011 fa il suo esordio in Serie B nella partita Sassuolo-Nocerina, chiudendo successivamente la stagione con 17 presenze in serie B e sette in serie A come quarto ufficiale.

Il 27 aprile 2013 arriva la sua prima designazione in Serie A con la partita Atalanta-Bologna oltre alle 18 presenze in serie B e le 12 in serie A come arbitro addizionale.

Al termine della stagione 2014-2015 viene promosso nella CAN A e in tre stagioni in massima serie collezionerà 50 presenze.

E’ il giorno 13 maggio 2018: si disputa il match Sampdoria-Napoli valevole per la 37 giornata del campionato e il buon Claudio, qualità di arbitro si vede costretto alla sospensione momentanea dell'incontro a causa degli insulti razzisti provenienti dagli spalti contro i giocatori in maglia biancazzurra e in particolare contro il difensore Kalidou Koulibaly.

Sarà questa l’ultima partita diretta da Claudio Gavillucci: il 30 giugno 2018 viene infatti resa nota la sua dismissione dalla CAN A per “motivate valutazioni tecniche”.

Claudio Gavillucci è un testardo di natura e decide di impugnare il provvedimento di dismissione che sarà difatti annullato dall’organo di giustizia di secondo grado ovvero dalla Corte Federale d'Appello il 23 Gennaio.

A seguito dell'azione legale intrapresa contro l'AIA per ottenere il reintegro nell'organico della CAN A nonché della sentenza di cui sopra, in data 29 gennaio 2019 Claudio Gavillucci sarà di fatto reintegrato con effetto immediato.

La stessa AIA (Associazione Italiana Arbitri) decide però di impugnare a sua volta la sentenza resa dall’organo di giustizia di secondo grado ed in data 11 marzo 2019 il Collegio di garanzia dello sport presso il CONI accoglie il ricorso facendo terminare di fatto la carriera in massima serie del Signor Claudio Gavillucci.

Il buon Claudio, a seguito del drastico defenestramento, decide di portare armi e bagagli a Liverpool dove prosegue la sua carriera professionale tanto è vero che dal Gennaio di quest’anno è arbitro appartenente alla Federazione inglese nella National League oltre a proseguire la attività imprenditoriale con una sua azienda specializzata in gastronomia e alimentazione.

Il 20 maggio è uscito il suo libro autobiografico intitolato “L'uomo nero, le verità di un arbitro scomodo” con prefazione di Marco Travaglio, scritto in collaborazione con le giornaliste Manuela D'Alessandro e Antonietta Ferrante.

Questa la fredda cronaca ma cerchiamo ora di capire, attraverso le interviste rilasciate in questi anni dal Gavillucci, come sia stato possibile arrivare a tanto ovvero vedere un arbitro che in carriera ha sempre a compiuto fino in fondo il suo dovere, essere defenestrato e fatto fuori dal sistema con un semplice SMS senza colpo ferire e nel più assoluto silenzio del circuito mediatico mainstream.

Partiamo dalle dichiarazioni rese ai microfoni di Radio Punto Nuovo durante la trasmissione Punto Nuovo Sport Show: “Mi sono trasferito in Inghilterra per lavoro, ho cominciato ad arbitrare nel fine settimana ed al momento sono un arbitro della Federazione Inglese. Qui in Inghilterra funziona in maniera differente, non ci sono limiti d’età per arbitrare, i parametri sono solo quelli di superare test tecnici ed atletici. In Premier ci sono arbitri che vanno oltre i 45 arbitri, così come nelle serie inferiori. Chiunque abbia la voglia di arbitrare, qualora lo fosse in grado, può scalare le categoria. Per i primi quattro mesi sono riuscito ad avere una promozione. La mia battaglia è nata da una questione personale, ma è diventata poi una battaglia di tutti. Quest’anno dovrebbe finire di arbitrare Rocchi perché ha 45 anni, uno tra i migliori arbitri del campionato italiano”. “Quale logica aziendale permette di privarsi dei migliori arbitri per sostituirlo con un arbitro che, potrà diventare Rocchi, ma che non garantisce la qualità che Rocchi dà al calcio? In Inghilterra, invece, c’è un arbitro di 48 anni, viene sfruttato fino all’ultimo giorno in cui potrà garantire una prestazione di qualità. Al di là della discriminazione d’età. E’ anti economico il fatto che in un’azienda investa nella formazione di un arbitro, con soldi di tutti, anche del pubblico. Per farlo arrivare a certi livelli e nel momento in cui vanno raccolti i frutti, qualcuno – in maniera insindacabile – decide che quella persona non è più valida. Deve restare discrezionalità per l’AIA nel valutare i propri giocatori. Ma non significa non comunicare con l’esterno – al di là dei diretti interessati – i criteri di valutazione. Per eliminare le polemiche, penso sia corretto nel 2020 che questi criteri vengano resi pubblici“. Claudio Gavillucci, arbitro di Serie A, con oltre 600 gare in carriera, a seguito della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni che accoglie il ricorso dell’AIA, viene quindi definitivamente dismesso, si trasferisce in Inghilterra e decide di scrivere in un libro intitolato “L’uomo nero”, le sue verità di arbitro scomodo raccontando la sua vita, le sue passione e di chi quelle passioni gliele ha portate via utilizzando un sistema di valutazione che nemmeno agli arbitri, a ben guardare, è concesso di conoscere, forse perché interrompere una partita per cori razzisti, è una cosa che non va fatta.

A spiegare la genesi del libro, edito è lo stesso autore, che inizia dicendo: “Ho deciso di scrivere insieme a Manuela D’Alessandro ed Antonietta Ferrante, due giornaliste che scrivono di cronaca giudiziaria e che ho scelto volutamente, proprio perché il libro è sì un’autobiografia, ma è anche una denuncia. Una denuncia che riguarda quello che è stato il mio lavoro ed il sistema di cui ho fatto parte fino allo scorso anno. A mio avviso – continua Claudio Gavillucci – questa vicenda era da mettere in evidenza, perché la giustizia sportiva ha dimostrato, ancora una volta, delle enormi lacune. A 38 anni, dopo aver diretto oltre 600 gare, di cui 50 nella massima serie, con tre parole ‘motivate valutazioni tecniche’, ricevute con un SMS dal mio designatore Nicola Rizzoli, mi è stato dato il ben servito dall’Associazione Italiana Arbitri e dalla Serie A. Tutto questo è avvenuto dopo essere stato in quell’anno, tra gli arbitri più impegnati del campionato, e che fino all’ultima giornata della stagione, ha diretto una gara importantissima per la lotta salvezza, ovvero quella tra Udinese e Bologna, nella quale la squadra di casa cercava l’ultimo punto necessario per la salvezza matematica. Sono voluto andare fino in fondo, per capire se queste valutazioni tecniche, fossero realmente motivate. Da qui inizia il mio libro, ed in particolare dalla partita Sampdoria-Napoli. Un arbitro generalmente diventa famoso quando commette degli errori, io, invece, sono diventato famoso quando la mia carriera stava per finire, per una situazione che non c’entrava niente con degli errori, ma che invece riguardava un grande problema in Italia, che è la lotta al razzismo. Nella mia battaglia legale, che descrivo nel libro, anche grazie a dei documenti che sono riuscito ad ottenere, ho evidenziato delle illogicità. Per i valori che mi hanno contraddistinto nella vita di tutti i giorni, quali l’onestà, il rispetto delle regole, la trasparenza, la lotta a qualsiasi tipo di discriminazione, non solo a quella razziale, mi sono convinto che questa battaglia, che era nata come una questione personale, doveva essere portata a conoscenza di tutti, perché doveva diventare una battaglia di tutti, in primis dei miei colleghi arbitri”.

Claudio Gavillucci si è quindi macchiato della colpa di aver applicato il protocollo durante la partita Sampdoria – Napoli del 13 Maggio 2018 allorquando decide di sospendere il match a causa dei cori razzisti indirizzati ai calciatori del Napoli ed in particolare al difensore Koulibaly: ricordiamo a tal proposito che lo stesso presidente della Samp, Ferrero, era stato costretto a scendere in campo per fermare i propri tifosi.

A seguito dell’episodio di cui sopra l’AIA lo dichiarerà “dismesso”, benché in quell’anno i giornali sportivi lo considerino ampiamente lontano dalle ultime posizioni, nella speciale classifica di valutazione degli arbitri.

Nella prossima puntata dedicata all’altro arbitro, Giovanni Greco ed alla sua storia, molto simile a quella di Claudio Gavillucci, cercheremo di spiegare i meccanismi oscuri che regolano il sistema arbitrale.

Ad maiora.








 
 
 

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